Ad ogni nostro passo nasce un mondo




L'espressione "Ken Zen Ichinyo": il Karate e lo Zen sono unità, racchiude molti elementi profondi.
Una possibile traduzione visiva potrebbe essere quella di un monaco seduto in zazen su un leone.
E' bellissimo il contrasto: il leone, animale feroce per antonomasia, domato da un uomo immobile seduto in meditazione.
Non si tratta però di mente contro corpo, non ci si deve trarre in inganno dai due estremi apparentemente opposti, come effettivamente potrebbe sembrare se osserviamo con uno sguardo "superficialmente" dualistico (di noi occidentali).
Questo non significa il male contro il bene o la forza bruta contro lo spirito. Significa invece il principio del tutto che si fonde con il tutto, in una sintonia profonda.
E quindi non è la volontà di dominio rappresentata dal monaco domatore sul leone perchè la sua "forza" è in realtà sprigionata da un atteggiamento "senza scopo" quello che viene chiamato "moshutoku" e che comprende l'equilibrio della complessità.
Nel termine "Ken Zen Ichinyo" sono collegati lo Zen e il Ken, ovvero lo Zen con il pugno del Karate.
Questi due termini si identificano attraverso la loro diversità, diversità che per prima cosa è posta alla base dell'identità che inevitabilmente scopriamo tra i due aspetti: ogni cosa contiene in sé stessa il contrario di sé, ovvero io non sono io, non sono solo e sempre io, cioè una cosa non è (solo) una cosa, pur essendo quella cosa.
E' il dinamico fluire... non è la staticità.
La realtà spazio-temporale che noi percepiamo è solo uno dei "mondi possibili".
Ad ogni nostro passo nasce un mondo.

Varcando la porta d'ingresso




"Un uomo può essere giudicato da come apre una porta, una donna può essere giudicata da come la chiude."


Per comprendere il senso che c'é dietro questo curioso modo di dire giapponese è importante sapere qualcosa in più sulle porte e l'architettura del Giappone pre-moderno.
A differenza delle porte che sono fissate a cardini tipiche delle nostre costruzioni occidentali, le porte giapponesi scivolano avanti e indietro su scanalature di legno sul pavimento. In alcune stanze la porta può essere un piccolo rettangolo offrendo così un'apertura così piccola che si può entrare attraverso di essa solo camminando carponi sulle mani e sulle ginocchia.
Queste piccole porte sono denominate nijiri guchi e sono una caratteristica comune alle case del té tradizionali.
Entrare a carponi attraverso la piccola apertura ha lo scopo di rendere umili e sgonfiare l'ego (considerando la misura di alcuni degli ego che oltrepassano le porte dei nostri Dojo).

Qualsiasi sia la loro misura o forma, le porte giapponesi si aprono tutte allo stesso modo: ci si inginocchia vicino all'apertura e la si fa scorrere aprendola, poi si entra nella stanza scivolando avanti sulle ginocchia.
Questa è una descrizione semplificata del modo di entrare attraverso una porta, come direbbe un qualsiasi esponente di una "vera" Via o arte classica del Giappone. I giapponesi di buona educazione sanno che si deve usare la mano più vicina alla porta per aprirla di pochi centimetri ("la larghezza di un indice" secondo una scuola di etichetta feudale), poi si cambia mano per fare scorrere il resto della larghezza.

Ci sono un gran numero di cose da osservare in questa semplice azione se si vuole osservare il protocollo previsto dall'antico Giappone.
Non è esagerato dire che quando eseguita con il giusto spirito questa azione può assumere la proprorzione di un Kata, uno dei movimenti formali che sono alla base di tutte le arti e Vie giapponesi.
E' inevitabile pensare che per fare un'entrata ad effetto si potrebbe spingere vigorosamente la porta con uno spintone facendola sbattere, e sapendo che le persone nella stanza siedono sul pavimento ci si potrebbe imporre ottenendo l'attenzione di tutti perché ogni persona sarà nella condizione di guardare chi è entrato letteralmente dal basso verso l'alto.
Per qualcuno, specialmente per noi occidentali, questo potrebbe sembrare un modo simpatico di entrare mentre l'etichetta giapponese, ovviamente, richiede il comportamento opposto.

In Giappone buona parte dei comportamenti sono stati finalizzati per mantenere e preservare l'armonia sociale. Andare d'accordo coi propri simili era importante, soprattuttto perché vige il concetto che il "sé" individuale non è così importante quanto il benessere del gruppo.
Più alta era la classe sociale dell'individuo, tanto più umile e modesta era la sua condotta. Più la persona era "di classe" e meno aveva bisogno di mettersi in mostra dato che l'individuo (che era sicuro della sua casta sociale) non aveva la necessità di ricordare a sè stesso (o ad altri) della sua posizione. Quando entrava in una stanza non era necessario utilizzare l'entrata come un'occasione per richiamare l'attenzione su di sè. Entrava quietamente, usando prima una mano poi l'altra per aprire la porta, perchè questo metodo faceva scorrere la porta silenziosamente con un rumore minimo. Entrava poi utilizzando un passo scivolato sulle ginocchia così da mantenersi al livello delle altre persone già presenti. Questo è il significato nascosto dietro il detto che un uomo può essere giudicato da come entra in una stanza.

Ma perchè la distinzione tra uomini e donne?

Le donne erano spesso in una posizione subordinata nella vita quotidiana del Giappone antico. Se un gruppo di uomini era in una stanza, sarebbe stata probabilmente una donna a servire cibo e bevande (dopo di che sarebbe uscita). Così una donna usciva dalla stanza più spesso, chiudendo la porta dietro di sè mentre c'erano ancora persone all'interno. Ecco perché la distinzione tra i sessi. Ma tale distinzione può essere fraintesa: nell'essenza, il genere maschile o femminile è superfluo, quel che conta è lo spirito e l'atteggiamento col quale ognuno conduce sè stesso.
Questo spirito o atteggiamento ha pervaso la cultura giapponese, e poichè i Budo sono frutto di quella cultura, non dovrebbe sorprendere che tali concetti siano parte integrante anche delle Vie marziali.
Provoca così fastidio e tristezza vedere che così tante persone, che apparentemente dicono di fare del Budo una parte significativa delle loro vite, rimangono così tenacemente ignoranti circa lo spirito e l'attitudine, oppure che - ancora peggio - scelgono deliberatamente di fare finta che lo spirio o le attitudini non esistano.
Purtroppo capita spesso di vedere un "maestro" di arti marziali entrare nel Dojo pavoneggiandosi come se il mondo fosse fortunato ad averlo.
L'abilità di aprire e chiudere una porta scorrevole giapponese sono una parte del Reishiki, cioè della "forma corretta" o "etichetta".
L'abilità di muoversi in un modo eqilibrato ed aggrazziato scivolando sulle ginocchia sul pavimento è un aspetto specifico di questa forma, questa maestria del sè che ci permette di entrare in armonia con gli altri e di presentarci al mondo in un modo ripettoso.

Col dispiacere di chi di noi ha un interesse nei confronti delle tradizioni, queste abilità e capacità sono largamente scomparse nel mondo moderno.
A meno che non si viva in Giappone, conoscere come aprire una porta scorrevole e come entrare ed uscire attraverso di essa non è certo di vitale importanza negli affari odierni. Ma alcune maniere, le cosiddette "regole non scritte attraverso le quali le persone incutono rispetto anche ai re", hanno la capacità di trascendere il tempo. In ogni epoca, in ogni cultura, noi siamo giudicati dalle piccole cose che facciamo. Chi afferma di seguire il sentiero tracciato dalle Vie marziali deve essere consapevole che la forma esteriore è molto spesso la manifestazione esplicita di uno stato interiore più profondo. Questo dovrebbe farci rifettere anche quando entriamo in una stanza o chiudiamo una porta, sia che facciamo scivolare una porta sulle sue guide, sia se ruotiamo una maniglia.


Giappone: Il mito della creazione


Izanagi e Izanami, la creazione della terra e i loro figli

Secondo la religione tradizionale giapponese le prime divinità crearono due esseri, maschio e femmina, chiamati rispettivamente Izanagi e Izanami, nomi che significano “colui che invita” e “colei che invita”.

A loro gli dei diedero l’incarico di creare la terra e per farlo li dotarono di una lancia ingioiellata, chiamata Amanonuhoko: con essa fecero sorgere le terre dall’oceano e le mescolarono. Il fango che rimase sulla lancia e che finì per colare diede origine poi alla prima isola, Onogaro, a cui seguirono successivamente le altre otto grandi isole che formavano il Giappone dell’antichità.
Izanami e Izanagi mentre creano il mondo

Izanagi e Izanami scelsero di porre la loro dimora sulla prima isola creata e lì decisero di avere dei figli: costruirono perciò prima un pilastro e poi attorno ad esso un intero palazzo.

Le due divinità girarono dunque attorno al pilastro in direzione opposta l’uno all’altro e quando si incontrarono dall’altra parte la prima a parlare fu Izanami, la divinità femminile, che salutò Izanagi. Pur accorgendosi che sarebbe toccato a lui parlare per primo, Izanagi si coricò con la donna ed ebbe da lei due figli, che però erano malformati.

Dopo averli messi in una barca e lasciati al mare, Izanagi e Izanami si rivolsero agli altri dei chiedendo spiegazione di quella nascita così sfortunata, e gli dei spiegarono che tutto era dovuto al mancato rispetto del cerimoniale dopo aver girato attorno alla colonna.

Il cerimoniale, evidentemente, nella tradizione giapponese – come in molti miti antichi anche di altre civiltà – serviva a sottolineare il ruolo di guida del maschio e di sottomissione della donna.

Il dio e la dea quindi ripeterono l’operazione, con Izanagi che questa volta salutò per primo una volta giunto dall’altra parte, e dalla loro unione nacquero stavolta varie isole e divinità.

Pagina aggiornata venerdì 9 agosto 2024


Il segreto della salute fisica e mentale non sta nel lamentarsi del passato, né del preoccuparsi del futuro, ma nel vivere il momento presente con saggezza e serietà.
La vita può avere luogo solo nel momento presente. Se lo perdiamo, perdiamo la vita. L'amore nel passato è solo memoria. Quello nel futuro è fantasia.
Solo qui e ora possiamo amare veramente. Quando ti prendi cura di questo momento, ti prendi cura di tutto il tempo.

Siddhartha Gautama




Per noi i guerrieri non sono quello che voi intendete. Il guerriero non è chi combatte, perché nessuno ha il diritto di prendersi la vita di un altro.
Il guerriero per noi è chi sacrifica se stesso per il bene degli altri.
E’ suo compito occuparsi degli anziani, degli indifesi, di chi non può provvedere a se stesso e soprattutto dei bambini, il futuro dell’umanità.

Toro Seduto




Ad ogni forza si contrappone una controforza.
La violenza, anche prodotta da buone intenzioni,
rimbalza sempre su chi l’ha generata.

Yamaoka Tesshu




Ciò che il gregge odia di più è chi la pensa diversamente;
non è tanto l’opinione in sé,
ma l’audacia di pensare da sé qualcosa che non sanno fare.

Arthur Schopenhauer